domenica 23 ottobre 2011

Standard EDA


Standard di Area Tecnologica
dal n.97 dei 'Quaderni degli Annali dell'Istruzione' (2001)

Introduzione

Verso una nuova alfabetizzazione
L’alfabetizzazione digitale, nella società della conoscenza, riveste un ruolo centrale sia per quanto riguarda la possibilità da parte di ogni persona di entrare criticamente nel mondo della cultura che per la stessa possibilità di accedere alla dimensione della piena cittadinanza. Essere esclusi, oggi, dalla cultura digitale, significa essere esclusi dalla possibilità di esperire la pienezza della cittadinanza («digital divide»).
L’alfabetizzazione digitale: strumentalità e democrazia
La riflessione sulle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) implica una precisa definizione del ruolo che in generale la tecnologia riveste nell’attuale scenario sociale.
La tecnologia è aspetto essenziale della vita delle persone, intimamente connessa a tutti gli aspetti dell’agire e del pensare, caratterizzandosi come attività di trasformazione e di organizzazione di processi produttivi per rispondere ai bisogni dell’uomo. La tecnologia è in grado di influenzare profondamente ambiente e società tramite i processi che mette in atto e gli artefatti che produce. Interessa e coinvolge il settore materiale, l’ambiente fisico e culturale ed è in grado di incidere profondamente sugli stili di vita, sulle aspirazioni e i comportamenti. La proposta dell’educazione tecnologica in un contesto adulto intende sviluppare un «pensiero tecnologico» che permetta alla persona di comprendere la realtà artificiale in cui è immersa e di operarvi in modo consapevole ed efficace. Occorre tuttavia superare la logica di un apprendimento con finalità puramente addestrative per tendere invece a colmare quel gap culturale, quella inadeguatezza antropologica che sta permettendo alla tecnica di accadere all’insaputa dell’uomo. Questo necessario ampliamento di prospettiva culturale, ben lungi dall’essere sufficiente per dominare la tecnica, evita almeno che la tecnica, da condizione essenziale dell’esistenza umana, si traduca in causa della sua estinzione, dell’estinzione della sua storia, della sua cultura, della sua morale.
Solo questo percorso permette una reale affrancatura delle persone dai rischi di fagocitazione, impliciti soprattutto nelle tecnologie dell’informazione. Nella costruzione degli standard ci siamo riferiti in particolare a queste ultime tecnologie, nella convinzione che uno dei compiti principali dell’odierna EDA sia proprio quello di fornire a tutti e a ciascuno la reale padronanza dei loro linguaggi quale elemento essenziale del diritto di cittadinanza.
Gli standard per l’area tecnologica non possono pertanto essere intesi secondo la logica della mera ... strumentante (logica dell’applicativo) quanto piuttosto nella logica della consapevole conoscenza dei contesti e degli scenari tecnologici della società entro cui il possesso di strumenti di conoscenza e azione è sempre anche critica capacità di partecipazione alla negoziazione e definizione dell’orizzonte sociale. Gli strumenti pertanto sono realmente significativi solo se permettono l’accesso e la partecipazione alla costruzione – negoziazione – condivisione di legami sociali, informazioni, conoscenze ed esperienze nell’ambito di una comunità solidale.
Cittadinanza digitale
Nell’era della New Economy e dell’economia globale, chiunque riesca ad assumere il controllo di uno o più standard tecnologici diviene perciò stesso detentore di un enorme potere economico e politico. Nella attuale situazione assistiamo ad un durissimo scontro tra diversi modi di concepire le TIC. Scontro sintetizzabile nella lotta tra i fautori delle open source ed i fautori di standard tecnologici chiusi. Lo sviluppo di Internet, negli ultimi decenni, è dovuto certo a massicci investimenti economici ma anche, e soprattutto, è stato alimentato dalla cultura del libero accesso a conoscenze, informazioni e tecnologie. Il dibattito attuale, anche sotto la spinta del problema «sicurezza», rischia di non riconoscere più la rete come «spazio pubblico» e di privilegiare il controllo piuttosto che la partecipazione democratica.
Gli standard per l’area tecnologica dell’EDA non possono prescindere da questo elemento cruciale se hanno come finalità ultima favorire l’accesso e la partecipazione consapevole alla nuova forma di cittadinanza digitale. Le competenze tecnologiche non sono solo indispensabili per il mercato del lavoro ma costituiscono anche una premessa per il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza ed in tal senso il loro apprendimento non può essere assimilato all’addestramento all’uso di determinati programmi, per quanto questi possano essere legati ad attività fondamentali come scrivere, calcolare ed ordinare.
Carattere trasversale degli standard TIC
Un ulteriore aspetto da sottolineare è la dimensione trasversale dell’informatica, il modello reticolare e trasversale che essa veicola.
Compito imprescindibile di un percorso di educazione tecnologica è l’individuazione delle connessioni di tipo etico, scientifico, economico, storico, giuridico, ambientale che interagiscono costantemente con la tecnologia per la costruzione di una feconda rete del sapere. La trasversalità delle TIC nei confronti delle altre aree dei saperi comporta pertanto una sfida epistemologica per le tradizionali aree della conoscenza che non sono chiamate solo ad utilizzare strumentalmente l’informatica ma che da essa sono attraversate ed interpellate molto più profondamente. Infatti le tecnologie possono essere viste come veicoli oppure come ambienti di formazione dell’esperienza e della conoscenza. Nel primo caso il loro apporto alla formazione sarà puramente strumentale: permettono di risparmiare tempo (e talvolta denaro), ma non incidono sulla qualità culturale dell’insegnamento e dell’apprendimento. Nel secondo caso il ruolo che svolgeranno tenderà ad essere ben più impegnativo, anche e soprattutto a livello epistemologico. Ciò incide notevolmente anche sulle opzioni didattiche e sulla definizione dei livelli implicando nuovi approcci improntati alla logica della costruzione sociale della conoscenza, dei significati da costruire e decostruire continuamente secondo nuove regole di reciprocità.
I computer sono cioè una macchina filosofica che costringe le altre aree del sapere a ridefinire i propri presupporti epistemologici. Formare dentro la società della conoscenza è cosa assai diversa dal formare dentro una società che considera la conoscenza come una cosa stabile, da acquisire una volta per tutte.
Oltre la progressione lineare: la struttura che connette
Una delle caratteristiche fondamentali degli standard TIC è la loro difficoltà a piegarsi alla logica della progressione lineare. La caratteristica di fondo delle TIC sta infatti nella loro orizzontalità e reticolarità frutto di plurime connessioni, nel loro essere struttura che connette e che continuamente muta grazie all’apporto dei soggetti che vi interagiscono.
Nell’ambito delle TIC gli standard non possono essere letti isolatamente gli uni dagli altri ma tendono ad essere fortemente inter-correlati.
La stessa successione tra i diversi livelli non può pertanto considerarsi del tutto rigida. Infatti se da un lato i livelli 1 e 2 costituiscono una prima familiarizzazione ed un consolidamento di competenze di base, i livelli 3 e 4 permettono la costruzione di percorsi di apprendimento frutto anche di scelte soggettive legate alle specificità dell’individuo che apprende (motivazioni, interessi, esigenze professionali...). Il livello 5, che prepara ad un uso critico-creativo delle TIC, presuppone invece il possesso di prerequisiti avanzati acquisiti nei livelli precedenti.
La metafora che meglio rende questa idea è quella di una goccia di pioggia che cade sul vetro di una finestra. Inizialmente sembra immobile e pigra, troppo piccola per avere energia sufficiente per muoversi. Poi all’improvviso un’altra goccia cade su di lei, si fondono insieme a formare una goccia più grande che ha la forza sufficiente per iniziare a muoversi. Ma procede a tentoni, ondeggiando in diverse direzioni, finché non incontra altre gocce da cui trae forza, energia e velocità sino ad acquistare una direzione. L’apprendimento nell’area TIC segue la stessa logica: all’inizio appare stentato e lento ma poi, acquisite alcune competenze e conoscenze di base che permettono di approcciare livelli più avanzati, l’apprendimento diventa rapido e segue i percorsi capaci di portare ad acquisizioni estremamente raffinate.
Nello stesso tempo occorre ribadire che i diversi livelli devono essere letti come una spirale che approfondisce i campi concettuali degli standard che sono necessariamente sempre compresenti, seppure in tonalità e gradi diversi, ad ogni livello. Spirale che connette in forme sempre nuove ed inedite rendendo possibile l’estrinsecarsi della soggettiva creatività del soggetto e della comunità che apprende.
Verso un orizzonte non prevedibile
La significatività delle tecnologie informatiche è data anche dal fatto che, a differenza di altri ambiti o aree disciplinari storicamente consolidati, oltre ad essere sorte in un periodo recente continuano a svilupparsi rapidamente. Ciò comporta un continuo processo di aggiornamento/revisione degli standard che corrono il rischio di diventare in breve tempo obsoleti. Ciò rafforza in modo significativo l’opportunità della stesura di ipotesi di standard tramite un processo di coinvolgimento di ampia parte dei docenti e soprattutto la necessità di concentrasi non tanto sui concreti prodotti oggi in circolazione e commercio ma sulle metafore ad essi sottese. Nella certezza che lavorare sulle metafore permetta sia di utilizzare al meglio, ed in modo critico-creativo, gli applicativi oggi esistenti, sia di poter trasferire le competenze acquisite sugli applicativi del futuro, che di poter giungere ad una dimensione autorale e laica del rapporto con l’informatica sapendo che la vera critica padronanza si ha non tanto quando è il computer che insegna all’utente quanto piuttosto quando è l’utente che insegna al computer e contemporaneamente a se stesso.
La continua attenzione al contesto ed allo scenario socio-economico e culturale, oltre che al continuo, vorticoso e rapidissimo mutare delle tecnologie, rende possibile evitare di concentrarsi su processi di apprendimento artificiosi e non efficaci. In caso contrario si corre il rischio di consegnarsi acriticamente o alla sola logica della progettualità-programmazione (con una enfasi che può sfociare nell’illusione-eccesso tecnocratico che ritiene che il nodo sia solo quello degli strumenti e che sceglie un programma che può funzionare solo in un contesto di certezza ed assenza di perturbazioni) o alla logica della sola riflessività (che rischia di scadere nel compiacimento narrativo-espressivistico, a volte anche un po’ narcisistico, del raccontare e rielaborare l’esperienza come principale forma di conoscenza). Si tratta invece di prendere atto che ogni azione formativa e didattico educativa richiede, nella società dell’incertezza, il principio dialogico che unisce due principi o nozioni che dovrebbero escludersi a vicenda, ma che invece sono indissociabili in una stessa realtà, assieme progettuale e riflessiva, e che nel loro intreccio configurano un approccio strategico. La strategia si stabilisce in vista di un obiettivo: prefigura scenari d’azione e ne sceglie uno, in funzione di ciò che conosce di un ambiente incerto e contemporaneamente cerca senza soste di riunire informazioni, di verificarle, e modifica la sua azione in funzione delle informazioni raccolte e dei casi incontrati strada facendo.
Spesso i processi di insegnamento si fossilizzano sul programma mentre la vita chiede strategia, e se possibile anche serendipità e arte.
Gli standard delle TIC consegnano così alle altre aree l’importanza di un apprendimento capace di fare i conti con l’incertezza, intesa non più come un limite da superare ma come una dimensione strutturale e non eliminabile dei saperi nella società postindustriale.
Seguono cinque standard ciascuno articolato in livelli. Le descrizioni dei livelli sono comuni a tutti gli standard. Nelle tabella in calce alle descrizioni degli standard sono rappresentati standard, descrizioni dei livelli e loro articolazioni secondo una struttura non lineare, così come sopra descritto.

giovedì 22 settembre 2011

Corso di Formazione: “Scuola e Società del Futuro”


Gent.ma Segreteria,
la presente per dare notizia – con preghiera di massima e tempestiva diffusione tra tutti i docenti di ogni ordine e grado – della partenza di un corso di formazione regionale sulle migliori pratiche e strategie per favorire (o non ostacolare) l'apprendimento, dal titolo “Scuola e Società del Futuro” organizzato dall'associazione culturale ANITEC.

In seguito agli incontri della "Casa dei Saperi" svoltisi a Bologna la scorsa primavera e alle numerose richieste degli insegnanti partecipanti, l'associazione ANITEC - anche su sollecitazione dell'USR - ha progettato un corso di formazione regionale organizzato su tre sedi (Bologna, Reggio Emilia, Rimini) che è già stato approvato dai vari Uffici Territoriali (i relativi decreti sono consultabili sul sito internet dell'associazione: http://www.insegnamentotecnologia.org/).
Al termine del corso verrà quindi rilascito un attestato di partecipazione riconosciuto dal MIUR.

Il progetto di formazione, diretto e coordinato dal prof. Marco Pedrelli e dall'insegnante Patrizio Vignola, e supportato dall’esperienza e dalla competenza della prof.ssa Maria Famiglietti, prevede la conduzione di incontri di formazione mensili nelle tre sedi citate: BOLOGNA (per le province di Bologna, Modena e Ferrara), REGGIO EMILIA (per le province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza), RIMINI (per le province di Rimini, Ravenna e Forlì-Cesena).

Il corso di formazione si rivolge a insegnanti di ogni ordine e grado, e si propone di indagare i fondamentali meccanismi dell'apprendimento a partire dalla ricca e significativa esperienza degli insegnanti della nostra Regione. Lo stile degli incontri non sarà quello della “lezione” tradizionale, ma piuttosto quello della “conduzione e animazione di gruppo” e prevederà - in aggiunta alla figura del “conduttore / facilitatore” - la presenza di un “osservatore” che avrà il compito di annotare e trascrivere lo svolgimento dell’incontro. La modalità di conduzione favorirà lo scambio e il confronto tra esperienze e punterà a far emergere stili di insegnamento, approcci didattici particolarmente efficaci e produttivi, metodologie creative ed intelligenti; tutto ciò a partire da un’attenzione specifica alla fenomenologia didattica, emergente dalle stesse testimonianze degli insegnanti partecipanti. Andrà quindi emergendo, incontro dopo incontro, una raccolta di protocolli e di buone pratiche, validate dal lavoro collettivo di studio e a disposizione del gruppo dei partecipanti.

Si andrà formando una 'comunità di pratica' che potrà sostenersi e comunicare anche attraverso il contatto mediato dalle nuove tecnologie (mailing list, blog, social network, ecc). Saranno costituiti in particolare tre gruppi di lavoro relativi ai tre capoluoghi di provincia sede del corso: il contributo di ciascuno è importante per la formazione di una rete numerosa e quindi per la riuscita del progetto. La comunicazione e lo scambio all'interno dello staff organizzatore assicurerà una sostanziale coerenza e omogeneità tra i percorsi formativi realizzati presso le tre sedi.

Gli incontri saranno ospitati da scuole molto vicine alla stazione ferroviaria del rispettivo capoluogo di provincia per favorire gli spostamenti:
  • Bologna: Liceo "Sabin", Via Matteotti 7, 40129 – Bologna
    (tel. 051-6314611)
  • Reggio Emilia: Scuola Secondaria di I grado "Da Vinci - Einstein", viale Monte San Michele 12, 42100 - Reggio Emilia
    (tel: 0522-439324)
  • Rimini: Scuola Primaria "Luigi Ferrari”, via Gambalunga 106, 47921 – Rimini
    (tel: 0541-22611)
Nelle tre scuole di svolgimento, gli incontri si terranno sempre nello stesso giorno della settimana. In particolare:
  • Bologna: mercoledì
  • Reggio Emilia: martedì
  • Rimini: venerdì
Il calendario preciso degli incontri è in fase di definizione e sarà comunicato più precisamente in occasione del primo incontro:
  • Bologna: mercoledì 28/09/2011 (dalle ore 14:30 alle ore 18:30)
  • Reggio Emilia: martedì 27/09/2011 (dalle ore 14:30 alle ore 18:30)
  • Rimini: venerdì 30/09/2011 (dalle ore 14:30 alle ore 18:30)

Gli interessati potranno iscriversi al corso:
1) compilando il modulo di iscrizione disponibile sul sito dell'associazione ANITEC (https://sites.google.com/site/associazioneanitec/home/corsi/scuolanelfuturo
oppure – in forma abbreviata -
http://goo.gl/sP7Ps)

2) inviando un messaggio di posta elettronica all'indirizzo scuola.societa@gmail.com
specificando i propri dati anagrafici e la sede prescelta per la frequenza del corso

3) contattando direttamente l'associazione ANITEC:presidente.anitec@gmail.com


ing. Marco Pedrelli
presidente ANITEC

lunedì 20 giugno 2011

Comunicato ANITEC

ANITEC è una associazione culturale nata per valorizzare l’insegnamento della tecnologia in tutti i luoghi e gli ambiti in cui esso si realizza. Crediamo infatti che ogni persona, più che mai in una società intimamente attraversata e condizionata dalla presenza di tecnologie di ogni genere, abbia diritto ad un sapere almeno essenziale in ambito tecnologico. Aderiscono ad ANITEC insegnanti e genitori, formatori e liberi professionisti, educatori e comuni cittadini.

ANITEC, attraverso le iniziative del presidente e del consiglio direttivo, è impegnata su diversi fronti e a diversi livelli, tutti importanti e tra loro interconnessi.

1) livello culturale
Crediamo che sia di fondamentale importanza contribuire attivamente alla elaborazione e manutenzione del 'paradigma' culturale della tecnologia, valorizzando e diffondendo i preziosi risultati finora raggiunti dalla ricerca e mettendo in atto ulteriori iniziative di approfondimento e di confronto, anche attraverso il coinvolgimento di studiosi  ed esperti appartenenti sia al mondo accademico sia al mondo industriale.
Crediamo che la ricerca culturale in ambito tecnologico debba cercare sinergie con la ricerca culturale in ambito scientifico, data la sempre maggiore mescolanza e integrazione tra queste due fondamentali dimensioni dell’agire umano (tale da far parlare ormai correntemente di “tecnoscienza” o “science-technology”), e che debba contribuire al definitivo riconoscimento del valore formativo dei saperi scientifico-tecnologici per una formazione davvero umanistica.

2) livello didattico-metodologico
Siamo convinti che si debbano offrire agli insegnanti, non solo dell’ambito scientifico-tecnologico, occasioni per conoscere e acquisire strumenti formativi consolidati e collaudate metodologie didattiche da utilizzare nel quotidiano lavoro di classe, particolarmente efficaci per l’educazione tecnologica. Crediamo inoltre sia urgente e necessario sostenere la ricerca e la sperimentazione di nuove pratiche metodologiche e didattiche per l’educazione tecnologica, in modo particolare attraverso la promozione di ricerche metodologico-disciplinari o di ricerche-azione nei vari ordini di scuola.
L’obiettivo è quello di mettere a punto e aggiornare una articolata proposta didattica in ambito tecnologico che funzioni da riferimento e struttura portante per il lavoro scolastico, sia curricolare che extra-curricolare.

3) livello gestionale
Crediamo che ANITEC, attraverso le competenze dei suoi aderenti e associati, possa offrire un contributo prezioso per la definizione e la messa a punto di pratiche indispensabili all’efficace e sempre migliore funzionamento dell’organizzazione scolastica soprattutto in due ambiti fondamentali e largamente condizionati dal diffondersi di adeguati saperi tecnologici a tutti i livelli: tecnologie educative e organizzazione scolastica.
A) tecnologie educative: crediamo sia compito fondamentale di ANITEC contribuire allo studio e alla definizione del ruolo e dell’impiego delle nuove tecnologie nell’ambito didattico-formativo, con particolare attenzione alle tecnologie di più recente diffusione (LIM, tablet, smartphone, social networks, e-learning, ecc)
B) organizzazione scolastica: crediamo sia compito fondamentale di ANITEC contribuire allo studio e alla definizione di modalità efficaci e intelligenti per l’organizzazione del servizio scolastico, valorizzando le opportunità offerte dalla attuale condizione di autonomia degli istituti scolastici.

lunedì 6 giugno 2011

Cultura tecnologica

Pubblichiamo un interessante articolo sull'insegnamento della Cultura Tecnologica di Anna Ciampolini e di Giovanni Serra dell'Università di Bologna, apparso in una recente pubblicazione dell'USR Emilia Romagna.

venerdì 20 maggio 2011

Analisi epistemologica

Ecco un interessante articolo di Maria Famiglietti, datato 2000, sulla tecnologia e sulla sua analisi disciplinare da un punto di vista epistemologico.


lunedì 2 maggio 2011

Lavorare in classe per problemi e progetti

Le diapositive dell'intervento del prof. Armando Schiavi al seminario di Bologna.

domenica 17 aprile 2011

Le 5 fasi di una tecnologia

Da un punto di vista fenomenologico è spesso possibile osservare nell’intervallo di esistenza di una tecnologia il presentarsi di alcune fasi ricorrenti. Proponiamo una breve ricognizione sulle 5 fasi più facilmente riconoscibili con l’intento di fornire uno strumento concettuale utile anche per fini didattici.

1) L’invenzione (invention) può essere vista come il primo stadio del sorgere di una tecnologia. L’atto inventivo è - salvo rare eccezioni - essenzialmente personale e quindi individuale. Come sono generalmente gli atti creativi, anche quello associato ad una invenzione resta circondato da un certo mistero. “A differenza della scoperta, che è per lo più casuale o riguarda il ritrovamento di cose sconosciute ma già esistenti, l'invenzione presuppone sempre un'attività di studio, di ricerca, di esperimenti o l'applicazione pratica di principi scientifici.” (dal sito Treccani)

2) Allo stadio dell’invenzione segue - o può seguire - una fase di ricerca e sviluppo (Research and Development, R&D) della tecnologia. Si tratta di una serie di esperimenti finalizzati attraverso i quali le idee inventive (o meglio, alcune tra esse) vengono tradotte - da astratte possibilità - in concrete realtà fisiche e tangibili, in grado di funzionare nel mondo delle tecnologie esistenti.
“La ricerca e sviluppo è il lavoro creativo condotto su base sistematica per l’aumento del patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche e per l’utilizzo di questo patrimonio di conoscenze nella realizzazione di nuove applicazioni” (OCSE). In questa fase di esistenza della tecnologia le attività - non più individuali ma di tipo collaborativo e organizzato - sono finalizzate alla preparazione e alla potenziale introduzione di successive innovazioni.

3) L’attività sistematica di ricerca e sviluppo crea il presupposto per il presentarsi di una innovazione (innovation). E’ quella fase nella quale una certa tecnologia assume caratterisitiche tali da consentirle di trovare una sua collocazione stabile all’interno del mondo socio-economico e tecnologico. Il potenziale innovativo di una tecnologia si esprime nella crescita che segue al lancio della stessa.
Non tutte le innovazioni tecnologiche potenzialmente disponibili sono interessate da processi di diffusione tali da renderle - per così dire - innovazioni effettive e operanti. L’innovazione, per essere tale, deve cioè superare un processo di selezione attuato dalla società attraverso i suoi attori più direttamente coinvolti nelle scelte di utilizzo, adozione e consumo.

4) Superato lo stadio dell’innovazione, una tecnologia può entrare in quello di gestione o di esercizio. Potremmo definirlo come l’insieme delle azioni poste in essere - per lo più - dall’attore tecnologico per perseguire e conseguire i propri obiettivi. Azioni che comportano l’effettuare scelte e il prendere decisioni, modificando quindi le relazioni tra gli elementi costitutivi della stessa tecnologia.
Alcune attività - pur interessando anche le altre fasi - risultano particolarmente pertinenti a questa fase di maturità della tecnologia: l’implementazione, l’ingegnerizzazione, il controllo, il miglioramento, l’ottimizzazione, la manutenzione, l’assistenza.

5) La fase terminale dell’esistenza di una tecnologia è quella del declino (obsolescenza) o dell’abbandono (o cessazione). In questa fase la tecnologia ha esaurito completamente la sua carica di innovazione e il suo potenziale competitivo e si appresta a lasciare il posto ad altre tecnologie meglio attrezzate per soddisfare i bisogni degli utilizzatori. Assumono - in questa fase - particolare importanza attività quali: la dismissione, lo smaltimento, il recupero, la conversione, la mitigazione, la decontaminazione, il rispristino, la messa in sicurezza.

lunedì 11 aprile 2011

parole #1

Invenzione

Enciclopedie on line

invenzióne Ideazione, creazione o introduzione di oggetti o prodotti nuovi, o anche soltanto di un metodo di produzione e in genere di quanto può rendere più facile il lavoro, determinare attività nuove, contribuire al progresso dell'umanità. In senso generico, i. è qualunque ideazione che riguardi sia il prodotto sia il metodo di produzione; in senso stretto, soltanto l'ideazione di un nuovo prodotto, mentre per nuovi metodi di produzione si parla più propr. di innovazione

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mercoledì 30 marzo 2011

Equivoci tecnologici

di Gian Carlo Sacchi (giancarlo.sacchi@cde-pc.it)

Le manovre messe in atto dall’attuale governo circa l’insegnamento tecnologico nella scuola italiana se da un lato cercano di incrementare l’uso degli strumenti soprattutto legati all’informazione e comunicazione, dall’altro ne impoveriscono la presenza, sia sul piano quantitativo, diminuendo le ore nella scuola secondaria di primo grado e abolendo l’indirizzo scientifico-tecnologico sperimentale nel secondo ciclo, sia qualitativo, lasciando languire uno spazio ricavato in precedenza nella primaria e abbandonando completamente la ricerca disciplinare e didattica nel settore.

Questo appare una contraddizione più grande se si pensa che in quella che viene ancora con maggiore efficacia chiamata scuola media, che rappresenta un po’ il sensore di tutta la politica messa in campo negli ultimi cinquant’anni su questo insegnamento, si è tolto l’aggettivo ‘tecnologica’ accanto al sostantivo ‘educazione’ e si è lasciata solamente la parola ‘tecnologia’.
All’educazione tecnica prima e tecnologica poi era stato affidato il ruolo di accompagnare la crescita dell’allievo a contatto con il mondo dell’artificiale, cercando di interpretarlo e di riprodurlo. Ma in tutti questi anni la materia ha sofferto della mancanza della così detta ricerca epistemologica e pedagogica di base e la sua evoluzione perlopiù è dovuta alla riflessione che i docenti stessi e le loro associazioni, con qualche rara presenza universitaria, hanno realizzato sull’efficacia del rapporto insegnamento-apprendimento.
Trasformare anche solo il linguaggio istituzionale ha voluto dire riportare il dibattito in alto mare, ma forse se ne sono accorti in pochi anche di coloro che ne hanno riformato il costrutto. L’educazione tecnologica andava di pari passo con una pluralità di settori mentre la tecnologia presupporrebbe un paradigma unitario di riferimento, cosa che a parte certi tentativi un po’ naif non pare all’orizzonte. E allora quali sono in concetti unificanti, gli epistemi, che la caratterizzano e sui quali i docenti possono impostare la loro attività didattica?

Le ultime scuole di specializzazione hanno assunto il paradigma ingegneristico di un insegnamento per “problemi e progetti”, che forse ha contribuito a selezionare in tal senso anche i candidati all’abilitazione, una tendenza che si è affermata spontaneamente, senza nessuna scelta a monte nell’ambito della babele di ben circa 22 titoli di studio che in teoria offrono la possibilità di accesso a tale insegnamento.
Sembra che si debba tener fermo il “metodo” liberalizzando i contenuti, senza contare che nella scuola superiore alle tecnologie corrispondono altrettante specializzazioni ed un orientamento precocemente professionalizzante, che continua a rispecchiare la vecchia e rinnovata istruzione tecnica, e che tolto di mezzo quell’unico indirizzo che tentava di licealizzare la tecnologia elaborandone un asse culturale per la formazione generale, fa si che si torni ad una sorta di più o meno nobile apprendistato. La tecnologia non assurge così a componente formativa innanzitutto per l’uomo e il cittadino, prerogativa fondamentale delle finalità unitarie della scuola media del 1962, ma rischia di tornare “all’arte del vil meccanico” (anche se dotato di LIM), ponendosi ancora, sebbene con sempre maggiori difficoltà sul piano della motivazione degli studenti e delle richieste di sempre maggiori competenze da parte del mondo del lavoro, come strumento di selezione a livello cognitivo e sociale.
Questo nodo non è stato risolto ed oggi mentre si tende ad abbandonare la discussione culturale per andare verso una visione più funzionalista degli apprendimenti ci si sposta verso un insegnamento con le tecnologie anche nelle ore di tecnologia, finendo per porla, come in passato, seppure modernizzata nei dispositivi, al servizio di altri ambiti disciplinari. Apprendere abilmente è più importante (?) di capire ciò che si fa e si usa, la strumentazione è talmente complessa che può diventare un vero e proprio contenuto di insegnamento e il veloce cambiamento non consente un adeguato “distanziamento critico”.
Ci si orienta verso il prevalere delle tecnologie della comunicazione, più trasversali, rispetto a quelle della produzione, considerate più professionalizzanti, ma il dato di fondo rimane quello della elaborazione di un pensiero tecnologico e di quello che ne deriva sul piano metodologico didattico e del curricolo formativo per i docenti.
Non è più il dibattito epistemologico, ma quello metodologico, che si pone di fronte all’insegnante di tecnologia: una didattica per problemi e progetti dunque tiene dentro sia l’esperienza tecnologica che l’alunno ha davanti ogni giorno, propone un apprendimento di tipo “costruttivista”, sviluppa un orientamento che può avere una ricaduta a livello personale e professionale.
Insomma alla ricerca degli epistemi, per definire una convenzione universale, si preferisce lavorare su quello che c’è, facendoci precedere dalle LIM nella ricerca, ma mantenendosi all’interno di ciò che è stato previsto da chi ha costruito l’artefatto.
C’è già tanto da fare per capire l’esistente che andare oltre, sviluppare cioè il pensiero divergente è veramente un lusso, e tirar fuori gli allievi dallo “smanettamento” sui dispositivi automatici è un problema. Confidiamo che i problemi e i progetti aiutino la metacognizione, la capacità di ricerca, oltre la prevedibilità e la producibilità degli interventi nel campo dell’artificiale.
Tutto ciò in senso più generale si può definire didattica laboratoriale, e il “dominio” tecnologico può offrire non solo i metodi attivi, ma anche i “modelli mentali”, che agiscono sulla costruzione dei concetti, aumentando la comprensione con un uso più moderato degli strumenti. Il laboratorio diventerà così un vero ambiente di apprendimento.
La presenza più diffusa delle LIM nelle scuole ha alzato l’asticella sia nell’uso trasversale, sia nella conoscenza tecnologica. Le due funzioni devono però contaminarsi e l’esito non può che espandersi in un senso o nell’altro a seconda delle finalità, ma ciò che conta è che la formazione tecnologica aiuti la persona a crescere, sia una componente sempre presente nelle modalità a cui riferirsi per entrare in contatto con la realtà. Questo significa vivere ed operare nella società contemporanea.

sabato 26 marzo 2011

intenzionalità e coscienza

I recenti incidenti nucleari verificatisi in Giappone e l’emergenza tuttora in corso inducono ad alcune riflessioni sulla Tecnologia. Le conoscenze scientifiche e tecnologiche di cui l’uomo dispone hanno consentito la progettazione di macchine talmente potenti da poter minacciare - in casi di gravità particolare - la sopravvivenza stessa della razza umana. Questo dato di fatto non va mai dimenticato e deve costituire un punto di riferimento fondamentale per qualunque riflessione intorno al progresso e al cammino di civilizzazione dell’umanità. Occuparsi in modo serio e responsabile di Tecnologia - e del suo insegnamento - significa anche a nostro avviso assumere questo orizzonte culturale e affrontare con intelligenza le complesse questioni che esso pone. Si tratta di cercare soluzioni per problemi non tanto di ordine strettamente tecnico quanto di ordine etico, filosofico, forse anche spirituale. E’ fondamentale che nell’insegnamento della Tecnologia si rafforzi e si estenda la dimensione critica e riflessiva, che non si esaurisca o affievolisca la necessità e l’urgenza della problematizzazione, della messa in discussione, della costante verifica. E che si eviti il rischio di una pura e semplice trasmissione di tecniche: schemi operativi e procedurali scollegati dalla contemporanea e cruciale ricerca di un senso.

Scriveva il grande Renè Berger nel suo saggio “Il nuovo golem” (1991):
Ogni tecnica, anche se indica un insieme di procedimenti, non si riduce all'efficacia del fare; la tecnica infatti implica una sorta di conoscenza, la quale, seppur vagamente formulata e non meno vagamente sentita, sfocia su una forma di intenzionalità, su un rudimento di coscienza. Così l'innovazione” tecnica è gravida di una “visione” che emerge, si afferma, si diversifica man mano che si sviluppano usi nuovi, spesso inattesi, a volte addirittura imprevedibili.

venerdì 25 marzo 2011

Un contributo di Giovanna Tafuri

Riporto un brano di un interessante articolo di Giovanna Tafuri di qualche anno fa. Il testo completo si può leggere a questo indirizzo: http://www.disced.unisa.it/Quaderni/Qua_Vol_04-1994/Q_V04_231-238.htm

Sono assolutamente consapevole, inoltre, che almeno un indirizzo tra quelli che verranno definitivamente codificati non potrà non prendere in esame l'apparato tecnologico che tende a divenire quasi una seconda natura, come intuì nei primi decenni di questo secolo Maria Montessori[9]. Un'attenzione puntuale a questo indirizzo mi sembra oltremodo importante per due ordini di ragioni. La prima è - vorrei dire - di ordine "termostatico". Uso un termine introdotto nel campo pedagogico da Neil Postman, il quale ritiene che la scuola debba agire come strumento di regolazione della vita sociale. In questo caso la scuola dovrebbe "raffreddare" una "temperatura sociale" che - gli pare - potrebbe diventare incandescente[10]. Nel senso che alcuni sviluppi tecnologici (penso alle tecnologie che riguardano le ricerche di fisica nucleare o, più di recente, di bio-ingegneria) potrebbero influire negativamente sulle stesse possibilità di sopravvivenza dell'uomo e della "nicchia ecologica", come oggi si dice, all'interno della quale egli è collocato. Lo sviluppo tecnologico deve poter essere coniugato con il Lebenswelt, del quale esso dovrà divenire un fisiologico prolungamento in un ottica di Entlastung del lavoro dell'uomo. La seconda si riferisce alla "capacità" che hanno assunto i nuovi sviluppi tecnologici di interagire con la stessa intelligenza umana; in alcuni casi qualcuno ritiene che possono divenire concorrenti temibili della stessa intelligenza dell'uomo. Vorrei meglio specificare questo punto, perché mi sembra particolarmente incisivo ai fini del profilo di un progetto pedagogico che sappia confrontarsi con le frontiere più avanzate dello sviluppo scientifico e tecnologico. La scuola (e più precisamente la superiore) non potrà esimersi, infatti, da dare risposte e da indicare percorsi in rapporto all'orientamento di senso da offrire all'azione umana che interagisce con o si esprime a partire da un sistema di oggetti che sono governati da programmi che prevedono possibilità di retroazione e sulla base di una ricca memoria (di macchina o di programma), anche adeguare - in tempo reale - il "comportamento" dell'uomo in rapporto a input che vengono dall'esterno. Mi pare che l'homo tecnologicus debba rendere eunomico - ben regolato - il suo rapporto con gli oggetti intelligenti, di cui il suo mondo sta divenendo sempre più ricco. Una scuola di questo tipo potrebbe insieme garantire la migliore utilizzazione di quel mondo artificiale e astratto creato dall'uomo, evitando nel contempo la solitudine e l'anomia che sono stati i ricorrenti segni distintivi della società contemporanea.
La tematica della tecnologia non mi fa dimenticare certamente l'ambito umanistico, ma questo mi pare che emerga come riscoperto - espressione di una vitalità nuova - quando si sia confrontato con gli sviluppi scientifici e tecnologici. Non c'è alcun umanista che voglia essere insieme massimamente rigoroso e capace di interagire in maniera proficua con altri studiosi della stessa disciplina, sia pure operanti in ambiti nazionali differenti, che non utilizzi alcune volte anche complessi apparati informatici o strumenti logico-matematici, in alcuni casi estremamente raffinati e spesso studiati appositamente - "mirati" si dice in gergo - per i suoi studi. Mi pare sia opportuno ricordare i vantaggi ottenuti da una scienza come la linguistica, per esempio, dall'introduzione diffusa dell'informatica e dall'arricchimento dell'iconografia e dell'iconologia quando ad esse si applichi il bagaglio di conoscenze sviluppato in una scienza nuova: l'intelligenza artificiale. Si può dimostrare così che un'attenzione di tipo estetico spinge all'azione gli scienziati degni di questo nome. Per usare una frase icastica è fondamentalmente il desiderio di esprimere la bellezza che "spinge all'azione": la bellezza matematica probabilmente prima di ogni altra e poi quella geometrica e quindi tutte le altre all'interno delle quali si cimenta lo spirito umano. Questa tensione verso il bello, il desiderio di fruire anche in ambito scientifico di questo piacere può ad ogni pie' sospinto essere ritrovato dagli studiosi di storia del pensiero filosofico (disciplina che deve essere ben presente nel triennio della scuola secondaria superiore), ma una tensione dello stesso tipo informa nella grande maggioranza dei casi anche letterati ed artisti, il cui pensiero e le cui opere dovranno continuare ad essere presenti nella mente e nel cuore dei nostri studenti[11]. Sono questi luoghi teorici, ripeto, questa lezione ci viene confermata dai progettisti dei modelli scolastici che si sperimentano nei Paesi più avanzati, dai quali emergerà, poi, ogni tensione scientifica innovativa ed ogni risposta a quelle crisi nella continuità scientifica che Kuhn con tanto rigore ha approfondito e di cui è stato capace (almeno per l'Occidente) di fare la storia.

sabato 12 marzo 2011

Uno sguardo sul mondo digitale


La rivista Mondo Digitale, edita dalla federazione AEIT (www.aeit.it) si distingue per l'alto livello dei suoi contributi. Segnalo in particolare tre articoli del prof. Giuseppe O. Longo di cui riporto anche il breve abstract.

Uomo e tecnologia una simbiosi problematica (2005)
L'importanza della tecnologia nella definizione dell’uomo è sempre più evidente, ma fin dalla sua comparsa la nostra specie si è ibridata con gli strumenti che costruisce: in realtà homo sapiens è sempre stato homo technologicus, simbionte di uomo e tecnologia in perpetua trasmutazione. Parte dell'umanità sembra destinata ad una profonda trasformazione culturale, epistemologica e perfino fisiologica. Ma la rapidità del cambiamento, favorito in particolare dalla tecnologia dell'informazione, minaccia il nostro equilibrio biologico ed emotivo e lacera le componenti etiche ed estetiche tradizionali.

Il computer tra complessità e narrazione (2008)
Gli uomini sono creature della narrazione: ciascuno di noi racconta e si fa raccontare un seguito di storie nel tentativo di dare un senso al mondo e alla sua presenza nel mondo. A ben guardare, l’arte, il mito, la filosofia e la stessa scienza sono tutte forme di narrazione. Anche il computer, ultimo arrivato sulla scena, si inquadra in questo contesto: quali storie ci racconta questa macchina straordinaria?
(puoi leggere l'articolo qui)

Nascere digitali verso un mutamento antropologico (2009)
Siamo entrati nell’era digitale, caratterizzata da una generazione di giovani (i “nati digitali”) che, formatisi sulle nuove tecnologie, le usano con grande disinvoltura e con sovrano opportunismo. Questa generazione interagisce con le strutture tradizionali, in particolare con la scuola, in modi nuovi, che investono tutti gli aspetti dell'individuo. L’uso precoce dei dispositivi digitali porta a connessioni cerebrali diverse da quelle dei bambini abituati alla lettura. Ciò comporta cambiamenti epistemologici radicali, che investono tutti gli aspetti della comunicazione, della cultura e della società.
(puoi leggere l'articolo qui)