giovedì 10 settembre 2009

le sorti della Tecnologia

verso un Manifesto per l'Insegnamento della Tecnologia
dai tre anni all'età adulta


Parlare della tecnica è anche un modo
per comprenderci. Ci sono infatti due modi
per capire noi stessi e per penetrare l'essenza,
la portata e i limiti della natura umana: studiarci
direttamente, guardandoci dentro e tentando
di guardare dentro gli altri, oppure osservare
attentamente quello che siamo capaci di fare
colletivamente nel nostro continuo sforzo di
cambiare il mondo che ci circonda, imitando,
contraffacendo e superando la natura.

E. BONCINELLI, L'anima della
tecnica (2006), p.12



Penso che l'ambizioso e cruciale compito di formare una "testa ben fatta", per usare la famosa espressione impiegata da Morin, non possa prescindere dal contributo formativo delle discipline tecnologiche. In particolare, sono convinto che l'incontro con il fatto tecnico e tecnologico debba essere precoce e avere luogo sin dai primi livelli di istruzione. Mi propongo, con questo pur breve testo, di portare alcune argomentazioni a sostegno di questa tesi che mi pare non goda, in questi ultimi anni, del consenso generalizzato e del solido e costante sostegno istituzionale che mi pare invece meriti.

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Siamo abituati a identificare la tecnica e la tecnologia con le realizzazioni e i sistemi che l'uomo inventa, progetta, costruisce per risolvere problemi o modificare l'ambiente in modo da renderlo più accogliente e favorevole alla vita. Siamo persuasi, in generale, che la conoscenza dei più importanti sistemi tecnologici e di come storicamente si siano affermati e consolidati rappresenti un patrimonio culturale imprescindibile e irrinunciabile per un cittadino moderno. Presupposto necessario per la formazione di personalità libere, capaci di guardare al mondo e alla realtà, nel suo intreccio del naturale con l'artificiale, con intelligenza e buon senso in modo da coglierne contraddizioni, anomalie, ingiustizie ma anche da intravederne potenzialità e opportunità.

Ma il fatto tecnico va ben oltre il dato fenomenologico delle realizzazioni, effettive o potenziali, materiali o intellettuali, che hanno costellato il progredire dell'umanità. L'uomo, a partire dal tempo antico via via fino ai nostri giorni, si è sempre interrogato sulla essenza della tecnica e vari filosofi e pensatori, da Platone fino a Nietsche, hanno affrontato questa decisiva questione. E' però nel pensiero e nell'opera di un grande antropologo, Arnold Gehlen (1904-1975), che il problema ha trovato una soluzione tra le più persuasive e convincenti. Ne dà conto in un importante saggio (“L'uomo nell'età della tecnica”, Feltrinelli, 1999) Umberto Galimberti, che spiega come si possa affermare che “la tecnica è l'essenza dell'uomo”, essendo essa non una espressione dello spirito umano ma, al contrario, un elemento caratteristico e distintivo della sua natura, un suo tratto costitutivo e fondamentale. Scrive Galimberti:
“Infatti, a differenza dell'animale, che vive nel mondo stabilizzto dall'istinto, l'uomo, per una carenza della sua dotazione istintuale, può vivere solo grazie alla sua azione, che da subito approda a quelle procedure tecniche che ritagliano nell'enigma del mondo un mondo per l'uomo. L'anticipazione, l'ideazione, la progettazione, la libertà di movimento e d'azione, in una parola la storia come successione di autocreazioni hanno nella carenza biologica la loro radice e nell'agire tecnico la loro espressione.”

La natura e l'essenza dell'uomo non si spiegano quindi se non facendo luce sul fenomeno della tecnica. La filosofia, l'antropologia e la psicologia, nelle loro conquiste più recenti e condivise, indicano quindi quella tecnica come una dimensione strutturale e fondamentale dell'essere umano.

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L'ingresso della Tecnologia nella scuola di base (materna, elementare, media) come disciplina di studio e materia di insegnamento è stato lento e complicato, come è testimoniato dal suo ripetuto cambio di denominazione: Applicazioni Tecniche (maschili e femminili), poi Educazione Tecnica, infine Tecnologia. E col tempo sono mutate anche le motivazioni e le ragioni a fondamento della sua presenza nel curricolo: da materia dal taglio essenzialmente pratico e operativo, a momento altamente formativo sul piano cognitivo e metacognitivo, a componente fondamentale nell'organizzazione culturale dell'allievo in formazione. Anzi, è proprio a partire dagli anni '90 che si accende un intenso dibattito, accompagnato da seminari e convegni in molte parti d'Italia, sullo statuto epistemologico di questa (nuova) disciplina.

E' in questi ultimi anni che la riflessione disciplinare di matrice epistemologica si arricchisce del contributo portato dalla ricerca filosofica e antropologica (come quella di Gehlen mediata da Galimberti) e raggiunge una maggiore organicità ed efficacia nel proporre l'insegnamento della Tecnologia come disciplina fondamentale e fondante dai tre anni fino al termine dell'obbligo scolastico.

In che misura e secondo quali modalità questa proposta pedagogica sia stata accolta e fatta propria dagli ambienti ministeriali lo si può valutare dalle indicazioni che i diversi governi che si sono succeduti hanno via via messo a punto ed applicato. In generale le sorti della Tecnologia come materia di insegnamento nella scuola di base sono state alterne, dovendo fare i conti con le trasformazioni, talvolta burrascose, degli ultimi dieci anni che hanno visto interessi e poteri molto forti scontrarsi sul terreno del curricolo e della sua delicata ripartizione oraria.

Oggi c'è quindi una diffusa preoccupazione, non solo tra i docenti di area tecnologica ma tra tutti coloro che credono nel valore educativo e formativo della Tecnologia, per come l'attuale governo vorrà configurare il curricolo del prossimo futuro e per quale ruolo potrà in esso giocare questa disciplina. A tale proposito non si può che condividere quanto hanno scritto recentemente Vittorio Campione e Silvano Tagliagambe ("Saper fare la scuola: il triangolo che non c'è", Einaudi, 2008):
"Scienze e tecnologia, ingegneria e finanza, design e spettacolo, ma anche le discipline giuridiche, mediche o legate alla formazione sono tutti ambiti che riguardano le professioni e i lavori di oggi e, credibilmente, del prossimo futuro. Accentuare nel sistema educativo la capacità di accompagnare la "formazione complessiva" delle giovani generazioni in direzione di una creatività applicata a questi settori è quanto oggi occorre e può interrompere quel perverso destino che, nell'impianto educativo attuale, espelle sistematicamente un numero di studenti stabilmente fisso sul 20 percento del totale."

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Nello scenario sopra delineato, chi si candida a rivestire un ruolo fondamentale nella formazione di un pensiero della e sulla tecnologia è il docente del primo ciclo di istruzione: il maestro nella scuola primaria, il docente di Tecnologia nella scuola secondaria di primo grado (scuola media). E' sul secondo in modo particolare che mi vorrei soffermare, dal momento che la sua preparazione e competenza come anche il suo intervento didattico e formativo si collocano esattamente nell'ambito disciplinare della Tecnologia. Ma qual è il profilo dell'insegnante medio di Tecnologia? Può farsi efficace attore di un compito educativo e formativo così complesso e delicato? Fino a ieri il docente di Tecnologia nella scuola media non possedeva caratteristiche del tutto adeguate per raccogliere nella sua interezza questa sfida. Si trattava di docenti, caso quasi unico nel variegato mondo della scuola, con una formazione di carattere tecnico o professionale, nella quasi totalità dei casi privi del titolo di laurea. In grado di offrire apporti formativi molto preziosi ma soprattutto sul piano dello sviluppo di abilità pratiche e operative, secondo l'ottica delle vecchie “Applicazione Tecniche”. Ma poco attrezzati culturalmente, in linea generale, per condurre l'allievo in crescita a quella consapevolezza del fatto tecnico e tecnologico a cui si faceva più sopra riferimento.

Oggi le cose sono molto diverse. Nuove generazioni di insegnanti hanno fatto il loro ingresso nella scuola. L'insegnante di Tecnologia è, salvo rare eccezioni, un laureato: Ingegnere, Architetto, Agronomo, Geologo. Molto spesso ha una rilevante esperienza professionale, frequenta e conosce approfonditamente diversi settori del mondo del lavoro, della progettazione, dei servizi, della produzione. Usa in modo naturale e spontaneo le nuove tecnologie. Spesso è intriso di cultura imprenditoriale. Non di rado conosce bene l'inglese, scritto, parlato. Sa lavorare in gruppo, sa fare rete. Ha presa sui ragazzi.
E' quindi un professionista moderno, competente, informato. Padroneggia le tecniche di comunicazione, anche multimediale. Spesso porta nella scuola saperi costruiti e sviluppati in altri ambiti, quello delle imprese, quello della consulenza, della formazione. E' capace di progettare, di programmare, di governare e controllare processi, di documentare, di rendicontare. Spesso è un innovatore, in grado di trattare con disinvoltura modelli, di costrurli, di applicarli, di sperimentarli.
Lo animano forti motivazioni. E' nella scuola per libera scelta, assai di rado per necessità.

Ecco. E' questa la nuova guardia, la nuova categoria dei docenti di Tecnologia. Persone nuove che non si riconoscono più nelle vecchie associazioni di categoria, come l'ANIAT, e che desiderano cimentarsi con le impegnative sfide educative di questi nostri tempi.
Da un'esperienza associativa regionale, maturata in Emilia Romagna, è nata in questi giorni una nuova associazione nazionale. E' l'ANITEC, l'Associazione Nazionale per l'Insegnamento della Tecnologia. Si propone di restituire smalto e dignità a questa disciplina, di studiarne e ricercarne i fondamenti epistemologici e le modalità didattiche, di raccogliere e sostenere chi ritiene fondamentale l'insegnamento della Tecnologia nel nostro Paese, fin dalla più tenera età.

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Da quanto si è detto finora emerge chiaramente come al più ampio ambito della Tecnologia appartenga il pur variegato mondo delle Nuove Tecnologie o ICT. La competenza nel loro impiego, anche e soprattutto a fini didattici, è indicata da più parti come un requisito imprescindibile per gli aspiranti insegnanti. D'altra parte, parlando di ICT e di Informatica nella scuola, sarebbe sbagliato confondere il corretto ed efficace impiego di strumenti tecnologici e informatici nelle attività didattiche (padronanza informatica) con la conoscenza e la comprensione dei principi fondamentali dell'informatica e del calcolo automatico (cultura informatica).

Mentre la padronanza informatica si sta via via diffondendo nel mondo della scuola, anche se lentamente e faticosamente, stenta ad affermarsi il principio che una adeguata cultura informatica di base costituisca un bagaglio indispensabile e quindi un diritto irrinunciabile per il ragazzo in formazione. Chi può assicurare, se non i tecnologi e gli insegnanti di area tecnologica, l'adeguato presidio di un'area di sapere così importante per la formazione delle nuove generazioni? Occorre quindi promuovere una diffusione dell'Informatica nella scuola, fin dai primissimi anni, di tipo culturale oltre che di tipo strumentale, evitando il rischio che, affidati alla sola buona volontà dei singoli insegnanti, i fondamenti di Informatica scompaiano dall'orizzonte culturale dei nostri giovani.

Un discorso analogo può essere fatto anche per la cosiddetta "cultura imprenditoriale". Scrive a tal proposito Claudio Gentili, direttore dell'area Education di Confindustria ("Umanesimo Tecnologico e Istruzione Tecnica", Armando Editore, 2007):
"E' difficile pensare ad una scuola in linea con i tempi che ignori la cultura economica e la realtà del mondo delle imprese e del lavoro. L'una e l'altra hanno valenza fortemente educativa, centrata sui valori prima ancora che su comportamenti (libertà di iniziativa, sviluppo, soddisfacimento dei bisogni essenziali, senso del lavoro ben fatto). A buon diritto questo sapere va inserito tra i saperi fondamentali della scuola del XXI secolo, come componente essenziale per l'inserimento sociale e lavorativo del cittadino in una società ad economia di mercato e ad industrializzazione avanzata."

E' lecito domandarsi quale altro ambito disciplinare, se non quello tecnologico, può adeguatamente assicurare la presenza e il presidio di un'area culturale così importante e strategica per lo sviluppo delle nuove generazioni, sia dal punto di vista del graduale inserimento nel mondo del lavoro che da quello (ad esso legato) del complessivo sviluppo cognitivo e culturale.
D'altra parte lo stesso Gentili si faceva promotore, nel Marzo 2008, di quel "Patto per la Scuola" che aveva trovato così largo consenso tra i massimi esperti italiani di pedagogia e di politiche scolastiche e nel quale si scriveva, al punto 5:
"E’ necessario puntare su di un miglioramento delle competenze fondamentali, attraverso una formazione di base più qualificata e più vicina ai diversi bisogni degli utenti, ma soprattutto attenta allo sviluppo integrale della persona: deve esserci una maggiore integrazione fra indirizzi e livelli, e fra scuola e formazione; è necessario un potenziamento della cultura tecnica e scientifica, con maggiori connessioni con il mondo del lavoro. L’utilizzo sistematico delle nuove tecnologie non può essere solo strumentale, ma segna una diversa concezione dell’ apprendimento. La scuola dovrà essere più equa e meno egualitaristica."

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E' noto che in queste settimane di settembre, che accompagnano l'avvio del nuovo anno scolastico, comincerà negli ambienti ministeriali il lavoro di progressiva definizione di quelle che diventeranno (con ogni probabilità) le nuove Indicazioni Nazionali per la scuola del primo ciclo.

In conclusione e a sintesi di queste poche riflessioni intendo insistere sulla fondamentale importanza, per lo sviluppo e il progresso del nostro sistema di istruzione e quindi del nostro Sistema Paese, che:

A) l'insegnamento e lo studio della Tecnologia venga confermato come pilastro imprescindibile dell'assetto curriculare complessivo del primo ciclo di istruzione (scuola materna / elementare / media), in sostanziale coerenza con l'operato dei governi precedenti;

B) l'insegnamento dei fondamenti di Informatica, ben distinto dal puro e semplice addestramento all'uso del computer e requisito indispensabile per il formarsi di una cultura informatica generalizzata capace di sostenere la diffusione di una reale condizione di cittadinanza elettronica e digitale, trovi una adeguata rappresentanza nell'asssetto curricolare all'interno dell'area tecnologica.